TRIBUNALE DI VITERBO 
 
    Il giudice dell'esecuzione nel  procedimento  R.E.  n.  1396/2013
promosso da Banca di Viterbo Credito  Cooperativo  S.p.A.,  creditore
procedente,  contro  Valentini  S.r.l.,  debitore  esecutato  e   nei
confronti di CRV Immobiliare  S.r.l., terzo  pignorato.  Intervenuti:
Banca  di  Viterbo  per  ulteriore  credito  di  €  167.607,00  oltre
interessi; Silvestri Legnami S.r.l. per credito di €  2.450,00  oltre
interessi; intervenuti rinuncianti: Saliaj Flamur;  Kumanaku  Besmir;
Prod. In.Gra S.r.l.; 
    Letti gli atti della procedura esecutiva di  cui  alla  epigrafe,
sciogliendo la riserva presa  alla  udienza  del  29  novembre  2017.
Premessa: 
Precedente rimessione alla Corte costituzionale. 
    Con ordinanza del 15 luglio 2015, iscritta al n. 155 del registro
ordinanze  la  scrivente  G.E.  rimetteva   gli   atti   alla   Corte
costituzionale, relativamente all'art. 1, comma 20, numeri 3)  e  4),
della legge 24 dicembre 2012, n. 228, recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (legge  di
stabilita' 2013)», rispettivamente sostitutivi degli articoli  548  e
549 del codice di procedura civile. 
    Che il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto per  il
tramite  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  richiesto   la
restituzione degli atti al  giudice  a  quo,  in  ragione  dello  ius
superveniens, di cui all'art. 13, comma 1, lettere m-bis)  e  m-ter),
del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83 (Misure  urgenti  in  materia
fallimentare, civile e  processuale  civile  e  di  organizzazione  e
funzionamento  dell'amministrazione  giudiziaria),  convertito,   con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 132,  applicabile  anche
ai  procedimenti  pendenti  alla  data  di  entrata  in  vigore   del
sopravvenuto testo normativo (ai sensi dell'art. 23, comma  9,  dello
stesso  decreto-legge  n.  83  del  2015),  e,   quindi,   anche   al
procedimento esecutivo nell'ambito del quale e' stata prospettata  la
questione di legittimita' costituzionale di cui trattasi; 
    Che codesta Ecc.ma Corte, con ordinanza del 30 marzo 2017 n.  64,
avendo ritenuto che, a fronte del richiamato ius superveniens, che ha
effettivamente modificato le disposizioni denunciate, in relazione  a
piu' profili di incostituzionalita', spetta al giudice rimettente  la
valutazione  circa  la   perdurante   rilevanza   e   non   manifesta
infondatezza della questione, disponeva la rimessione degli  atti  al
G.E. 
    Che la scrivente G.E., come  si  andra'  in  prosieguo  a  meglio
illustrare, ritiene che sussistano ancora molti e  i  piu'  rilevanti
dei  profili  di  incostituzionalita'  denunciati  e  soprattutto  la
violazione dell'art. 111 Cost. in quanto la procedura di accertamento
dell'obbligo del terzo,  in  base  alla  nuova  normativa,  e'  quasi
interamente  rimessa  alla  interpretazione   giurisprudenziale,   in
violazione della  norma  fondamentale  che  prevede  che  il  «giusto
processo» debba essere (previamente) «regolato  dalla  legge»  e  non
interamente rimesso alle (molteplici) interpretazioni dei giudici. 
    La  nuova  normativa  infatti  si  e'  limitata  a  innovare   la
formulazione dell'art. 549 c.p.c. prevedendo: m-ter) all'art. 549, il
primo periodo e' sostituito dal  seguente:  «Se  sulla  dichiarazione
sorgono contestazioni o se a seguito della mancata dichiarazione  del
terzo non e' possibile l'esatta identificazione  del  credito  o  dei
beni del debitore in possesso del terzo, il giudice  dell'esecuzione,
su istanza di parte, provvede con  ordinanza,  compiuti  i  necessari
accertamenti nel contraddittorio tra le parti e con il terzo.». 
    Per il processo che ci occupa,  non  trattandosi  di  ipotesi  di
omessa dichiarazione del terzo (ipotesi a cui e' riferita la frase: o
se a seguito della mancata dichiarazione del terzo non  e'  possibile
l'esatta identificazione del credito  o  dei  beni  del  debitore  in
possesso del terzo) la novita' e' quindi la  prevista  necessita'  di
una «istanza»  del  creditore,  e  la  previsione  che  i  «necessari
accertamenti» siano compiuti nel contraddittorio tra le parti  e  con
il terzo. Nel procedimento in esame, la  istanza  del  creditore  era
stata gia' formulata, e il contraddittorio  si  era  gia'  instaurato
essendosi tutte le parti gia' costituite  con  il  patrocinio  di  un
difensore, prima della ulteriore  riforma  del  testo  dell'art.  549
c.p.c. Le considerazioni svolte a suo tempo restano  quindi  attuali,
atteso che le precisazioni del legislatore non hanno risolto  affatto
il problema della indeterminatezza della normativa processuale. 
Fatto e svolgimento del processo. 
    1. Con atto di pignoramento presso terzi notificato  in  data  20
dicembre 2013, la Banca di Viterbo  sottoponeva  a  pignoramento  «le
somme dovute in forza di contratti per compravendite immobiliari  ...
ed ogni altra somma credito e/o attivita' a qualsiasi causa dovuta  o
debenda dalla CRV Immobiliare S.r.l. alla debitrice  esecutata  e  di
cui la stessa e' titolare sia per capitale, sia  per  interessi,  sia
per spese, fino a concorrenza della somma precettata aumentata  della
meta' ex art. 546 c.p.c. e cosi' per complessivi € 580.961,40». 
    2. Il terzo CRV Immobiliare S.r.l. non compariva alla udienza del
18 giugno 2014 e il G.E. ordinava la  notificazione  del  verbale  di
udienza con avviso al terzo pignorato che, in  caso  di  mancata  sua
comparizione alla successiva udienza del 22 ottobre  2014  e  mancata
dichiarazione, il credito, nella misura e per le causali indicate dal
creditore, si sarebbe  ritenuto  accertato  ai  sensi  dell'art.  548
c.p.c.  nuova  formulazione  (articolo  modificato  dalla  1egge   24
dicembre 2012, n. 228, legge di stabilita' 2012, per  i  procedimenti
iniziati a decorrere dal 1° gennaio 2013,  e  successivamente  ancora
modificato con decreto-legge 12 settembre 2014, n.  132,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 10  novembre  2014,  n.  162,  che  ha
abrogato il primo comma e sostituito il secondo). 
    3. Regolarmente notificato il verbale al terzo (in data 16 luglio
2014),  alla  successiva  udienza  del  5  novembre  2014  il   terzo
pignorato,  la  CRV  S.r.l.  assistita  dall'avv.  Giuseppe  Sinatra,
depositava dichiarazione di terzo negativa, affermando di  non  avere
alcun debito  nei  confronti  della  debitrice  esecutata,  Valentini
S.r.l. (erroneamente  indicata  come  Valentini  Immobiliare  S.r.l.,
errore materiale, poi piu' volte chiarito dalla difesa della CRV, sia
a verbale che nelle note autorizzate). 
    4. La Banca di Viterbo contestava la  dichiarazione  negativa,  e
chiedeva l'assegnazione del credito, affermando che il credito  della
Valentini S.r.l. deve ritenersi esistente e che la  dichiarazione  e'
mendace e  non  corrispondente  al  vero,  in  quanto,  in  documenti
presentati presso la stessa Banca di Viterbo  dalla  CRV  Immobiliare
S.r.l., la stessa si era dichiarata debitrice della Valentini S.r.l.,
in particolare riferiva che nel  doc.  12  in  atti  la  CRV  avrebbe
dichiarato:  «di  dover  provvedere  alla   restituzione   di   somme
precedentemente oggetto di dazione in nostro favore effettuata  dalla
Soc. Valentini S.r.l.», inoltre tale debito risultava a suo dire,  da
una serie di documenti  che  venivano  prodotti,  da  cui  risultava,
secondo la difesa della Banca creditrice, il collegamento tra le  due
societa' e l'esposizione debitoria della  CRV  S.r.l.  nei  confronti
della Valentini S.r.l. 
    5. Il G.E., rilevato che la dichiarazione  del  terzo  era  stata
oggetto  di  contestazioni,  con  ordinanza  del  5  novembre   2014,
disponeva procedersi agli accertamenti di cui  all'art.  549  c.p.c.,
autorizzando le parti al deposito di  note  autorizzate  e  documenti
rinviava al 4 febbraio 2015. 
    6. La Banca di Viterbo nelle sue note autorizzate  sosteneva  che
la Valentini S.r.l. e la CRV S.r.l. non sono socie l'una  dell'altra,
ma sono collegate in quanto il sig. Roberto  Valentini,  socio  della
Valentini S.r.l. e' amministratore della CRV Immobiliare S.r.l. 
    7. Negli anni la Valentini  S.r.l.  aveva  corrisposto  alla  CRV
S.r.l. delle somme per consentirle di' coprire  alcune  rate  con  le
societa' di leasing da cui la CRV Immobiliare  aveva  acquistato  gli
immobili adibiti  a  Caserma  dei  Carabinieri  di  Bagnoregio  e  di
Capranica, affittati al Ministero dell'interno, ma  il  credito  piu'
cospicuo sarebbe derivato dall'aiuto che la Valentini S.r.1.  avrebbe
dato alla CRV Immobiliare S.r.l. per l'acquisto dell'immobile sito  a
Viterbo Valle Faul «ex gasometro»; avrebbe infatti pagato le rate del
leasing e poi coperto i titoli rilasciati per il riscatto anticipato,
tale   operazione   sarebbe   stata   «giustificata»   mediante    la
sottoscrizione di un preliminare di  compravendita  al  prezzo  di  €
1.200.000,00 stipulato in data 12 maggio  2010;  il  prezzo  pattuito
sarebbe stato pagato con modalita' di favore e con pagamenti  rateali
che in realta' sarebbero,  a  dire  della  Banca  di  Viterbo,  «meri
prestiti» e tale circostanza  risulterebbe  sia  dai  documenti  gia'
menzionati, sia dagli altri documenti  depositati;  tale  circostanza
dovrebbe emergere anche da una prova testimoniale  che  la  Banca  ha
richiesto,  articolata  in  5  capitoli,  riguardanti  una   riunione
tenutasi nel marzo 2013, nel corso della quale l'amministratore della
CRV Immobiliare S.r.l. avrebbe ammesso l'esistenza di un debito della
CRV nei confronti della Valentini S.r.l. di € 850.000,00. 
    8. Chiedeva quindi di  dichiarare  accertata  l'esistenza  di  un
credito di € 850.000,00  o  in  subordine  di  €  500.000,00,  minore
importo a suo dire «ammesso» nella lettera del 22 novembre 2011 (doc.
12) e la conseguente assegnazione. 
    10. La CRV Immobiliare S.r.l. (terzo pignorato)  nelle  sue  note
autorizzate dichiarava che nei bilanci CRV risulta esposto un  debito
di € 1.200.000,00 nei confronti della Valentini, debito  che  non  ha
natura pecuniaria ma trae origine dal  preliminare  di  compravendita
immobiliare del 1° marzo 2010, allegato n. 7  alle  note  autorizzate
depositate da Banca di  Viterbo,  che  prevede  l'impegno  della  CRV
Immobiliare a vendere alla Valentini S.r.l. l'immobile di Valle  Faul
«ex gasometro», una volta perfezionato il riscatto  con  la  societa'
di' leasing, a fronte del versamento di parte  del  prezzo  da  parte
della Valentini S.r.l. La CRV Immobiliare aveva emesso  fattura,  che
veniva iscritta in bilancio, da un lato all'attivo, per rappresentare
il credito per le somme ancora dovute dalla Valentini S.r.l.  per  il
saldo del prezzo, dall'altro al passivo per il corrispondente  debito
della CRV Immobiliare per il trasferimento  dell'immobile  in  favore
della Valentini. La posizione debitoria e' destinata  ad  estinguersi
col fisiologico trasferimento dell'immobile. Per quanto riguardava un
prestito chirografario di € 180.000,00 del 2  dicembre  2011  la  CRV
aveva effettuato la restituzione con un versamento  di  €  154.800,00
nel mese di dicembre 2011 «definendo le  partite  in  essere  tra  le
parti». 
    Nelle repliche la Banca di Viterbo, insisteva nelle sue deduzioni
circa la vera  natura  delle  dazioni  della  Valentini  S.r.l.,  che
avrebbero costituito un  prestito  e  non  i  versamenti  del  prezzo
stabilito nel preliminare, per cui  ne  residuerebbe  un  credito  di
almeno 500.000,00 euro a favore della Valentini S.r.l. nei  confronti
della CRV, che, a suo dire, risulterebbe ammesso nella lettera del 22
novembre 2011 (doc. 12). 
    Nelle repliche della CRV del 24 gennaio  2015,  si  allegavano  i
giroconti  da  cui  risultava  la  restituzione  di  €  161.800,00  a
Valentini, a fronte del prestito di € 180.000,00 e  la  difesa  della
CRV dichiarava che ogni posizione debitoria si era  definita  con  la
stipula del preliminare tra la Valentini e la CRV del 1° marzo  2010,
con cui si era stabilito che la Valentini  S.r.l.  doveva  versare  €
600.000,00 in conto del prezzo complessivo di € 1.200.000,00. 
    L'operazione di compravendita  sarebbe  reale  e  niente  affatto
simulata,  come  dimostrerebbe  l'intervenuta  conclusione   di   una
operazione del tutto analoga, avente ad oggetto  l'immobile  condotto
in  locazione  finanziaria  adibito  a  Caserma  dei  Carabinieri  di
Capranica,  venduto  all'Istituto  per  il  sostentamento  del  clero
immediatamente dopo averlo riscattato. 
    I canoni di leasing sarebbero  stati  interamente  pagati  con  i
canoni di locazione pagati dal  Ministero,  portando  a  termine  una
operazione analoga a quella effettuata con la Valentini  (conduttrice
dell'immobile sito in Valle Faul). 
    Dalle note depositate e dai documenti emerge sostanzialmente  che
il terzo pignorato CRV Immobiliare S.r.l. nega  di  avere  un  debito
pecuniario nei confronti della debitrice Valentini S.r.l. ed  afferma
che il rapporto intercorrente con la Valentini deriva dal preliminare
di compravendita immobiliare del 1° marzo 2010 (allegato  n.  7  alle
note  autorizzate  depositate  da  Banca  di  Viterbo),  che  prevede
l'impegno della CRV Immobiliare S.r.l. a  trasferire  alla  Valentini
S.r.l. l'immobile di Valle Faul una volta  perfezionato  il  riscatto
con la societa' di leasing, a  fronte  dell'avvenuto  versamento  del
prezzo da parte della Valentini S.r.l. 
    L'operazione di cui all'atto di intesa del 3  novembre  2011  non
risulta sia stata perfezionata, e quindi non  risulta  che  le  parti
abbiano stipulato un accordo di risoluzione circa il preliminare  del
1° marzo 2010. 
    La Banca di  Viterbo  al  momento  della  notifica  dell'atto  di
pignoramento  presso  terzi   aveva   affermato   di   sottoporre   a
pignoramento «le somme dovute in forza di contratti per compravendite
immobiliari ... ed ogni altra somma credito e/o attivita' a qualsiasi
causa dovuta o debenda dalla CRV Immobiliare  S.r.l.  alla  debitrice
esecutata». 
    La Banca di Viterbo, quindi,  nell'atto  di  pignoramento  presso
terzi, aveva qualificato il credito pignorato come  un  credito  «per
somme dovute in forza di contratti per compravendite  immobiliari»  e
non ha mai contestato l'esistenza  del  contratto  preliminare,  che,
anzi, risulta  depositato  dalla  stessa  Banca  e  oggetto  di  vari
riferimenti nella documentazione prodotta dalla Banca. 
    Dal contratto preliminare (doc. 7 allegato alle  note  depositate
per la Banca in data 15 dicembre 2014), emerge che la CRV Immobiliare
S.r.l. non si obbliga a versare delle somme alla Valentini S.r.l.  ma
a trasferirle l'immobile sito a Viterbo Valle  Faul  «ex  gasometro»,
dopo avere a sua volta perfezionato l'acquisto mediante il leasing. 
    L'acquisto dell'immobile da parte della  CRV  Immobiliare  S.r.l.
dalla societa' Fineco leasing risulta perfezionato con  compravendita
del 20 aprile 2010 (doc. 6 stesso fascicolo). 
    Solo nelle sue note autorizzate la Banca di Viterbo ha  sostenuto
che il contratto preliminare in realta' nascondesse una pluralita' di
prestiti effettuati  dalla  Valentini  S.r.l.  alla  CRV  Immobiliare
S.r.l., prima e dopo la sottoscrizione, e fosse stato  stipulato  per
giustificare contabilmente i passaggi  di  denaro  tra  la  Valentini
S.r.l. e la  CRV,  quindi  il  credito  pignorato  consisterebbe  nel
credito per la restituzione dei prestiti. 
    Il  contratto  preliminare  sarebbe  un  negozio  sostanzialmente
simulato,  per  nascondere  una  diversa  operazione  di  prestito  e
finanziamento tra le due societa', che non sono  collegate  in  senso
tecnico per quanto previsto dall'art. 2359 c.c., in quanto l'una  non
e'  socia  dell'altra,  ma  sono  collegate  di  fatto,   in   quanto
l'amministratore della CRV Immobiliare S.r.l., sig. Valentini Roberto
e' ex amministratore della Valentini Immobiliare S.r.l. e socio della
stessa. 
 
                             In diritto 
 
    A) Nel procedimento in epigrafe deve essere applicato l'art.  549
c.p.c.  nella  sua  nuova  formulazione  a  seguito  delle  modifiche
intervenute con legge 24 dicembre 2012, n. 228, legge  di  stabilita'
2012. 
    Testo art. 549. (Contestata dichiarazione del terzo).  «Se  sulla
dichiarazione sorgono contestazioni, il  giudice  dell'esecuzione  le
risolve,  compiuti   i   necessari   accertamenti,   con   ordinanza.
L'ordinanza produce effetti ai  fini  del  procedimento  in  corso  e
dell'esecuzione fondata  sul  provvedimento  di  assegnazione  ed  e'
impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617». 
    Occorre  anche  tenere  presente  che  tale  articolo  e'   stato
modificato con la legge di conversione del  decreto-legge  27  giugno
2015 n. 83, dopo che era stato gia' instaurato il contraddittorio con
il terzo e con il debitore, mediante la notifica del verbale di causa
in data 16 luglio 2014 e comunque con la costituzione in giudizio del
debitore e del terzo CRV S.r.l.  (costituitasi  alla  udienza  del  5
novembre 2014, assistita dall'avv. Giuseppe Sinatra). 
    La nuova normativa, introdotta con la legge  di  conversione  del
decreto-legge 27 giugno 2015 n. 83, si differenzia  dalla  precedente
in  quanto:  (1)  prevede  la  ulteriore   ipotesi   (estranea   alla
fattispecie  di  cui  si  verte  in  questo  processo)  in   cui   la
dichiarazione del terzo manchi del tutto e non sia possibile l'esatta
identificazione del credito o dei beni del debitore in  possesso  del
terzo; (2) prevede che il  GE  proceda  agli  accertamenti  solo  «su
istanza di parte»; (3) prevede che il giudice  debba  procedere  «nel
contraddittorio tra le parti e con il terzo». Confronto: 
      
 
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|                                     |Art. 549 c.p.c. Come         |
|                                     |modificato dall'art. 13,     |
|                                     |comma 1, lettera m-ter),     |
|                                     |decreto-legge 27 giugno 2015,|
|                                     |n. 83, convertito, con       |
|                                     |modificazioni dalla legge 6  |
|                                     |agosto 2015, n. 132, a       |
|                                     |decorrere dal 21 agosto 2015;|
|                                     |art. 23, comma 9, dello      |
|Art. 549 c.p.c. Come sostituito      |stesso decreto-legge n.      |
|dall'art. 1, comma 20, n. 4), legge  |83/2015. 9. Le  disposizioni |
|24 dicembre 2012, n. 228, a decorrere|di cui all'art. 13, diverse  |
|dal 1° gennaio 2013 ai sensi di      |da quelle indicate nel       |
|quanto disposto dal comma 561        |presente articolo, si        |
|dell'art. 1 della citata legge n.    |applicano anche ai           |
|228/2012 e con i limiti di           |procedimenti pendenti alla   |
|applicabilita' previsti dal comma 21 |data di entrata in vigore del|
|dello stesso art. 1.                 |presente decreto.            |
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|                                     |Se sulla dichiarazione       |
|                                     |sorgono contestazioni o se a |
|                                     |seguito della mancata        |
|                                     |dichiarazione del terzo non  |
|                                     |e' possibile l'esatta        |
|                                     |identificazione del credito o|
|                                     |dei beni del debitore in     |
|                                     |possesso del terzo, il       |
|                                     |giudice dell'esecuzione, su  |
|                                     |istanza di parte, provvede   |
|                                     |con ordinanza, compiuti i    |
|«Se sulla dichiarazione sorgono      |necessari accertamenti nel   |
|contestazioni, il giudice            |contraddittorio tra le parti |
|dell'esecuzione le risolve, compiuti |e con il terzo. L'ordinanza  |
|i necessari accertamenti, con        |produce effetti ai fini del  |
|ordinanza. L'ordinanza produce       |procedimento in corso e      |
|effetti ai fini del procedimento in  |dell'esecuzione fondata sul  |
|corso e dell'esecuzione fondata sul  |provvedimento di assegnazione|
|provvedimento di assegnazione ed e'  |ed e' impugnabile nelle forme|
|impugnabile nelle forme e nei termini|e nei termini di cui all'art.|
|di cui all'art. 617.».               |617.                         |
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    Occorre precisare che  la  modifica  introdotta  dalla  legge  di
conversione del decreto-legge 83 del 27 giugno 2015 ed in particolare
dall'art. 13, comma 1, lettera  m-ter),  decreto-legge  2015  n.  83,
evidentemente ha recepito alcuni  orientamenti  gia'  espressi  dalla
giurisprudenza di merito, come quello seguito dal G.E. nella presente
procedura, secondo cui occorreva l'instaurazione di un vero e proprio
contradditorio con il debitore e soprattutto con il terzo, al fine di
poter procedere agli accertamenti ed alla emissione  della  ordinanza
prevista dal presente articolo. 
    B) In effetti a seguito delle  contestazioni  insorte  in  merito
alla dichiarazione negativa della CRV, con ordinanza del  5  novembre
2014, il  G.E.  ha  disposto  procedersi  agli  accertamenti  di  cui
all'art. 549 c.p.c., autorizzando le parti  al  deposito  di  note  e
documenti. 
    Attraverso l'autorizzazione al deposito di note e i documenti  si
e'  inteso  dare  alle  parti   la   possibilita'   di   formalizzare
compiutamente le contestazioni  e  le  difese  e  di  documentare  le
proprie   allegazioni   difensive   nonche'   di    richiedere    gli
«accertamenti» ritenuti opportuni secondo quanto  indicato  dall'art.
548 c.p.c. nella sua nuova formulazione. 
    C) A conclusione del sommario procedimento  a  cui  si  riferisce
l'art. 549 c.p.c., in caso di «Contestata dichiarazione del terzo» e'
previsto che il  G.E.  debba  emettere  una  ordinanza  che  «produce
effetti ai fini del procedimento in corso e  dell'esecuzione  fondata
sul provvedimento di assegnazione ed e' impugnabile nelle forme e nei
termini di cui all'art. 617». 
    D) Vengono in rilievo quindi, nel caso di specie, delle questioni
inerenti la legittimita' costituzionale dell'art.  549  c.p.c.  nella
sua nuova formulazione, cosi' come modificato dall'art.  1  comma  20
1egge 24 dicembre 2012, n. 228,  legge  di  stabilita'  2012,  per  i
procedimenti iniziati a decorrere dal 1° gennaio 2013, c,  modificato
dall'art. 13, comma 1, lettera m-ter), decreto-legge 27 giugno  2015,
n. 83, convertito, con modificazioni dalla legge 6  agosto  2015,  n.
132, a decorrere dal 21 agosto 2015; che necessariamente deve  essere
applicato per risolvere la controversa in oggetto. 
    E) E' bene ricordare che la precedente disciplina  era  contenuta
nell'art. 548 e nell'art. 549 c.p.c. che prevedevano rispettivamente:
l'art. 548 c.p.c.: «(Mancata o contestata dichiarazione  del  terzo).
Se il terzo non compare all'udienza stabilita o, comparendo,  rifiuta
di  fare  la  dichiarazione,  o   se   intorno   a   questa   sorgono
contestazioni,  il   giudice,   su   istanza   di   parte,   provvede
all'istruzione della causa a norma del libro secondo. Se il terzo non
fa la dichiarazione neppure nel corso del giudizio  di  primo  grado,
puo' essere applicata nei suoi confronti  la  disposizione  dell'art.
232 primo comma.». L'art. 549 c.p.c.: «Con la sentenza che  definisce
il giudizio di cui all'articolo precedente, il  giudice,  se  accerta
l'esistenza del diritto del debitore nei confronti del  terzo,  fissa
alle parti un termine perentorio per  la  prosecuzione  del  processo
esecutivo». 
    La riforma di cui alla legge n. 228/2012, ha modificato  in  modo
radicale l'ipotesi di «contestata dichiarazione del terzo»: 
        e' stato  eliminato  un  caso  di  sospensione  ex  lege  del
processo esecutivo, per cui non si  apre  piu'  una  vera  e  propria
«parentesi cognitiva» nel corso del procedimento espropriativo presso
terzi; 
        non si parla piu'  di  «controversie»  intorno  alla  (fatta)
dichiarazione ne' espressamente  di  «accertamento  dell'obbligo  del
terzo»; 
        non era prevista  piu'  (espressamente)  alcuna  «istanza  di
parte» poi reintrodotta con la legge di conversione del decreto-legge
83/2015; 
        non si provvede piu' all'istruzione della causa  nelle  forme
del processo ordinario di cognizione («a norma del libro secondo»); 
        non viene  piu'  accertata  «con  sentenza»  l'esistenza  del
diritto  del  debitore  nei  confronti  del  terzo,  ma,   ai   sensi
dell'attuale art. 549 c.p.c., si provvede con «ordinanza», 
        art. 549 c.p.c. ora vigente: «Se sulla dichiarazione  sorgono
contestazioni o se a seguito della mancata  dichiarazione  del  terzo
non e' possibile l'esatta identificazione del credito o dei beni  del
debitore in  possesso  del  terzo,  il  giudice  dell'esecuzione,  su
istanza di  parte,  provvede  con  ordinanza,  compiuti  i  necessari
accertamenti nel contraddittorio tra le parti e con il terzo». 
    L'ordinanza produce effetti ai fini del procedimento in  corso  e
dell'esecuzione fondata  sul  provvedimento  di  assegnazione  ed  e'
impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617. 
    Nella vigenza del codice di procedura civile del 1942, l'opinione
dottrinale maggioritaria, e poi divenuta prevalente, riteneva che  il
terzo non fosse citato perche' «si difenda e  faccia  valere  un  suo
interesse, ma perche' serva gli interessi del processo esecutivo, che
si svolge contro il debitore e presso il terzo, giudizio nel quale il
terzo - per definizione - non e' parte,  in  quanto  ne'  agisce  ne'
subisce (in senso proprio) l'espropriazione» (Colesanti, Pignoramento
presso terzi,  in  Enc.  Dir.,  XXXIII,  Milano,  1983,  837;  Travi,
Espropriazione presso terzi, in Novissimo digesto  italiano,  Torino,
1960, 958). 
    Il terzo non aveva qualita' di parte nel giudizio  esecutivo,  ma
era opinione dottrinale e giurisprudenziale pacifica che avesse  tale
qualita' nel processo incidentale di accertamento del suo obbligo: un
ordinario  giudizio   di   cognizione   del   quale   si   ritenevano
litisconsorti necessari l'istante, il debitore esecutato e  il  terzo
medesimo (Cassazione n. 2406 del 1966; Cassazione n. 1427 del 1963). 
    Il giudizio cognitivo aveva carattere  eventuale,  seguendo  alle
ipotesi di mancata e di contestata dichiarazione del  terzo  solo  su
istanza di parte. 
    In caso di dichiarazione  negativa  ovvero  carente  di  adeguata
specificazione ai fini del perfezionamento dell'atto di pignoramento,
il creditore per affermare esistente  il  diritto  del  debitore  nei
confronti  del  terzo,  aveva  l'onere  di  provocare,  con  apposita
istanza, l'instaurazione di un ordinario giudizio di  cognizione  per
l'accertamento dell'obbligo  del  terzo,  che  -  in  caso  di  esito
positivo - gli avrebbe consentito di riassumere e portare  a  termine
l'esecuzione  contro  il  suo  debitore,  frattanto   necessariamente
sospesa. 
    Nell'ipotesi in cui, al momento  di  instaurazione  del  giudizio
sull'accertamento fosse gia' pendente altro giudizio tra il  debitore
ed il terzo, la  giurisprudenza  prevalente  aveva  ritenuto  che  il
giudice  dovesse  dichiarare  la  litispendenza   per   il   giudizio
successivo  e  che  il  creditore  procedente  fosse  legittimato  ad
intervenire nel giudizio gia' pendente (Cassazione n. 281  del  1979,
in GI, 1980, I, 1, 166 - in dottrina: D'Onofrio, Commento  al  codice
di procedura civile,  II,  Torino,  1957,  937;  Satta,  L'esecuzione
forzata, Torino, 1963,  149) -  Secondo  altra  opinione,  non  erano
ravvisabili gli estremi della litispendenza in caso di pendenza di un
giudizio sul medesimo rapporto  tra  debitore  e  terzo  (Vaccarella,
Espropriazione   presso   terzi,   in   Digesto   delle    Discipline
Privatistiche, Sez. Civ., VIII, Torino, 1992, 118). 
    La giurisprudenza sembra  avere  definito  la  questione  con  la
pronuncia della Cassazione, Sez. Un., n. 25037 del 2008,  secondo  la
quale  l'oggetto  dell'azione  di  accertamento  fosse  duplice:  sia
l'esistenza della situazione sostanziale intercorrente  tra  terzo  e
debitore,  sia   l'assoggettabilita'   del   credito   o   del   bene
all'esecuzione forzata. 
    Cassazione Sez. Un. Civili, 13 ottobre  2008,  n.  25037 -  Pres.
Carbone - Est. Travaglino. 
    Le questioni di giurisdizione sono  ammissibili  nell'ambito  del
giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo,  previsto  dall'art.
548 c.p.c., atteso che, pur essendo promosso dal creditore  in  forza
di una propria legittimazione ad agire e non in via surrogatoria  del
debitore, non ha rilevanza limitata alla sola azione esecutiva, ma  -
anche per motivi di economia e celerita'  processuale  richiesti  dai
principi del giusto processo «ex» art. 111 Cost. -  si  conclude  con
una sentenza dal duplice contenuto di accertamento: 
        l'uno, idoneo  ad  acquistare  autorita'  di  cosa  giudicata
sostanziale tra le parti del rapporto, avente ad oggetto  il  credito
del debitore esecutato (che, pertanto, e'  litisconsorte  necessario)
nei confronti del terzo pignorato; 
        l'altro,  di  rilevanza  meramente   processuale,   attinente
all'assoggettabilita'  del   credito   pignorato   all'espropriazione
forzata, efficace nei  rapporti  tra  creditore  procedente  e  terzo
«debitor  debitoris»   e   come   tale   rilevante   ai   soli   fini
dell'esecuzione  in  corso,  secondo   la   forma   dell'accertamento
incidentale «ex lege». (massima ufficiale) 
    F)  Nella  nuova  disciplina  la  controversia  conseguente  alla
contestazione della dichiarazione  del  terzo  sembra,  prima  facie,
assumere  i  caratteri  di  un  giudizio  cognitivo  privo  di  alcun
requisito formale in  ogni  sua  fase  (introduttiva,  istruttoria  e
decisoria), che  si  conclude  con  una  ordinanza  avente  efficacia
dichiaratamente limitata al procedimento esecutivo in corso. 
    Sennonche' tale giudizio, a meno di  non  volerlo  limitare  alle
mere contestazioni di natura puramente formale, inidonee di per se' a
ledere   i   diritti   del   terzo   pignorato,   e   non   incidenti
sull'accertamento della  esistenza  o  meno  del  credito  pignorato,
appare privo delle piu' elementari forme di tutela nei confronti  del
terzo  pignorato,  come  osservato  immediatamente  da  parte   della
dottrina. 
    Il terzo prima della modifica all'art. 543 c.p.c. introdotta  con
decreto-legge  12   settembre   2014,   n.   132,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, non era  neppure
avvertito nella citazione, contenuta nell'atto di  pignoramento,  con
invito a rendere/comunicare la sua dichiarazione,  delle  conseguenze
della mancata dichiarazione/comparizione ai sensi del novellato  art.
548 c.p.c. 
    Il procedimento «sommario» delineato dall'art. 549 c.p.c.,  nella
sua nuova formulazione: 
        1. non chiarisce con quali modalita' ed in  quali  termini  e
forme il terzo pignorato diventa parte del processo (se lo diventa); 
        2.  non  prevede  che  il  creditore   debba   indicare   nel
pignoramento/citazione:  (come  invece  previsto  per   il   giudizio
ordinario dall'art. 163 c.p.c. n. 3, 4, 5 e 7  )  «la  determinazione
della cosa oggetto della domanda», «l'esposizione dei fatti  e  degli
elementi di diritto costituenti le  ragioni  della  domanda,  con  le
relative conclusioni»; 
        «l'indicazione  specifica  dei  mezzi  di  prova  dei   quali
l'attore intende valersi e in particolare dei documenti che offre  in
comunicazione»; requisiti la cui essenzialita', anche in relazione  a
quanto previsto dall'art. 111 Cost., e' prevista - a pena di nullita'
dell'atto di citazione - dall'art. 164 c.p.c.; 
        3. la procedura cosi' sommariamente delineata  dall'art.  549
c.p.c. non prevede che il creditore  debba  necessariamente  indicare
nell'atto di pignoramento presso terzi (contenente la  citazione  del
terzo a comparire alla udienza ai sensi dell'art. 543 c.p.c.  n.  4),
in modo specifico e non generico l'oggetto e il titolo della  domanda
nei confronti del terzo (e' previsto infatti dall'art.  543  comma  2
c.p.c.  n.  2  che  il  pignoramento  presso  terzi  debba  contenere
«l'indicazione almeno generica, delle cose o delle somme dovute e  la
intimazione al terzo di non disporne senza ordine del giudice», e non
e' previsto che il creditore debba specificare a  quale  titolo  tali
somme o cose siano dovute), 
        4. prevede per il terzo un termine a  comparire  estremamente
ridotto (dieci giorni) e non sufficiente a precisare le sue difese in
vista di un contenzioso, in caso di dichiarazione in tutto o in parte
negativa; 
        5. non prevede, nella prima fase del processo che si instaura
con la notifica dell'atto di pignoramento presso terzi, che il  terzo
sia necessariamente assistito da un difensore, ne' che egli  possa  e
debba formalizzare le proprie difese e conclusioni in  una  comparsa,
con  la  necessaria  assistenza  tecnica,  tanto  che,  parte   della
dottrina, sottolineando come non sia possibile proporre una  semplice
istanza nei confronti di un soggetto che non e' parte processuale, ha
ritenuto necessaria la citazione in giudizio del terzo  pignorato  e,
dunque, il differimento dell'udienza con termine per la chiamata;  in
tal   modo,   evitando   che   il   sistema   presenti   profili   di
incostituzionalita' per violazione degli articoli 24, comma 2, e 111,
comma 2, Cost.; 
        6. non prevede che le parti possano precisare  le  reciproche
domande e conclusioni anche istruttorie (183 VI co c.p.c.); 
        7. non prevede quali poteri istruttori abbia il giudice della
esecuzione nel compiere  i  «necessari  accertamenti»  finalizzati  a
risolvere le «contestazioni»; 
        8. non prevede la possibilita' di una normale impugnazione di
merito ma solo che  la  ordinanza  conclusiva  del  procedimento  sia
impugnabile  nelle  forme  e  termini  delle  opposizioni  agli  atti
esecutivi di cui all'art. 617  c.p.c.  Senza  specificare  l'ampiezza
dell'oggetto  della  impugnazione  e   se   essa   possa   estendersi
all'accertamento della esistenza/inesistenza del credito; 
        9. non chiarisce se la ordinanza conclusiva del procedimento,
in caso di ritenuto accertamento del credito e quindi di assegnazione
dello stesso, abbia o meno natura di titolo esecutivo  nei  confronti
del terzo (questione gia' controversa in dottrina e giurisprudenza  e
che il legislatore non  ha  definitivamente  chiarito,  anche  se  la
giurisprudenza sembra ormai univocamente orientata a  riconoscere  la
natura di titolo esecutivo nei confronti del terzo  pignorato,  della
ordinanza di assegnazione). 
    In base alla nuova formulazione dell'art. 549 c.p.c., il terzo: 
        non riceve altro che la notifica di un verbale di  udienza  e
di una ordinanza e non un vero e proprio atto di citazione, 
        quindi non riceve una domanda sufficientemente  precisata  in
ordine al  suo  oggetto,  nonche'  ai  mezzi  di  prova  addotti  dal
creditore, 
        non e' previsto che debba ricevere alcun  avvertimento  circa
la necessita' di farsi assistere da un difensore, le preclusioni e le
conseguenze di una mancata o inidonea costituzione in giudizio; 
tuttavia all'esito  di  questo  sommario  giudizio  dall'oggetto  non
precisato al suo inizio,  e  neppure  ben  precisato  nella  fase  di
instaurazione del contraddittorio, il terzo pignorato  puo'  trovarsi
costretto all'opposizione avverso  l'ordinanza  di  assegnazione  e/o
comunque costretto al pagamento di un debito, magari inesistente - in
esecuzione della stessa - ed alla successiva  azione  di  ripetizione
(nei  confronti  di  un  debitore  gia'  dimostratosi  insolvente   -
ovviamente). 
    Con il rischio di preclusione  della  sua  facolta'  di  esperire
azione di accertamento  negativo  del  debito  nei  confronti  e  del
creditore pignorante e (forse), anche del debitore, qualora egli  non
provveda  nei  ristretti  termini  di  cui  all'art.  617  c.p.c.  ad
impugnare l'ordinanza di assegnazione. 
    G) Nel caso che ci occupa, il  terzo  ha  avuto  l'accortezza  di
farsi assistere da un difensore, ma risultano  comunque  estremamente
compresse le sue facolta' difensive, sotto vari aspetti: 
        a.  in  quanto  la  domanda  nei  suoi  confronti  e'   stata
modificata nel  titolo,  a  seguito  delle  contestazioni  sulla  sua
dichiarazione negativa,  senza  che  sia  prevista  alcuna  specifica
preclusione ne' requisito formale, relativamente  alla  modificazione
della domanda (proprio in quanto  genericamente  formulata  ai  sensi
dell'art. 543 c.p.c.). Il creditore infatti prima ha sostenuto che  i
supposti crediti da esso creditore pignorati  derivassero  da  «somme
dovute in forza di contratti per  compravendite  immobiliari  ...  ed
ogni altra somma credito e/o attivita' a  qualsiasi  causa  dovuta  o
debenda dalla CRV Immobiliare S.r.l. alla debitrice esecutata». 
    Successivamente, nelle sue note autorizzate, ha invece  sostenuto
che il  credito  pignorato  derivava  dal  credito  restitutorio  per
«prestiti», rivestiti, solo a scopo contabile, sotto la forma  di  un
preliminare di vendita di cosa altrui. In  pratica  il  creditore  ha
chiesto di accertare la  simulazione  del  contratto  preliminare  di
compravendita e di  accertare  i  negozi  sottostanti  costituiti  da
prestiti, domanda nuova  e  non  contenuta  nell'originario  atto  di
pignoramento presso terzi con citazione a comparire alla  udienza  in
fase esecutiva; 
        b. in quanto non sono definiti i poteri istruttori del  G.E.,
con conseguente notevole indeterminatezza dell'oggetto del contendere
anche sotto il profilo della ammissibilita' delle prove richieste  ed
autorizzabili dal G.E.; 
        c. in quanto, qualora il G.E., superando  ogni  obiezione  in
ordine alla genericita' dell'atto di  pignoramento  presso  terzi  ed
alla diversita' della domanda  proposta  dal  creditore  in  sede  di
«accertamenti»,  dovesse  ritenere,  in  base   alla   documentazione
prodotta ed alle eventuali altre prove ammesse,  che  il  credito  di
somme  di  denaro,  per  restituzione  di  «prestiti»,  sussiste,  ed
emettere  quindi  ordinanza  di  assegnazione  dello   stesso,   tale
ordinanza non risulterebbe espressamente impugnabile con appello,  ma
solo «nelle forme e termini delle opposizioni agli atti esecutivi  di
cui all'art. 617 c.p.c.», quindi con un termine estremamente  ridotto
(venti  giorni),  e,  almeno  stando  alla   formulazione   letterale
dell'art. 617 c.p.c., limitatamente a questioni  di  natura  formale,
non inerenti la  esistenza  del  debito,  ma  le  sole  modalita'  di
svolgimento della procedura esecutiva. 
    Art. 617 c.p.c.: Le opposizioni relative alla regolarita' formale
del titolo esecutivo e del precetto  si  propongono,  prima  che  sia
iniziata l'esecuzione, davanti al  giudice  indicato  nell'art.  480,
terzo comma,  con  atto  di  citazione  da  notificarsi  nel  termine
perentorio di venti giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o
del precetto. Le opposizioni di cui al comma precedente che sia stato
impossibile  proporre  prima  dell'inizio  dell'esecuzione  e  quelle
relative alla notificazione del titolo esecutivo e del precetto e  ai
singoli atti di esecuzione si propongono con  ricorso  giudice  della
esecuzione nel termine perentorio di venti giorni dal primo  atto  di
esecuzione, se riguardano il titolo esecutivo o il  precetto,  oppure
dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti. 
    La decisione  sulla  eventuale  sospensione  della  ordinanza  di
assegnazione, ai sensi dell'art. 617 c.p.c. - 618  c.p.c.  (e  sempre
nei limiti  consentiti  da  una  contestazione  di  natura  formale),
spetterebbe sempre al medesimo  giudice  della  esecuzione  che  l'ha
emessa, ed il successivo procedimento di  merito  si  svolgerebbe  in
unico grado, senza possibilita' di appello; 
        d. in quanto la maggior parte della giurisprudenza  (e  della
dottrina), come si e' detto, riconosce efficacia di titolo  esecutivo
alla ordinanza di assegnazione nei confronti del  terzo  (cfr.  Cass.
Civ. 18 marzo 2003 n. 3976), anche se molti autori  sono  contrari  a
tale interpretazione sia perche'  nel  nostro  ordinamento  i  titoli
esecutivi costituiscono un numero chiuso (ex art.  474  c.p.c.),  sia
perche' l'ordinanza di assegnazione di per se' (nel vigore del regime
precedente alla riforma del 2012) era ritenuta inidonea al  passaggio
in giudicato; quindi il terzo in caso di  ordinanza  di  accertamento
del credito/assegnazione, potrebbe trovarsi  esposto  ad  una  azione
esecutiva basata sulla emanazione di un titolo esecutivo  emesso  nei
suoi confronti all'esito di un procedimento estremamente sommario, in
cui nella fase iniziale, molto delicata, in cui  il  terzo  rende  la
dichiarazione, non e' espressamente previsto neppure che egli rivesta
la qualita' di parte, con incertezza circa la natura (confessoria?) e
circa  la   piena   utilizzabilita'   nella   successiva   fase   del
contraddittorio,  della  sua  dichiarazione,  resa  prima   che   sia
necessaria   l'assistenza   di   un   difensore   (atteso   che    il
contraddittorio  si  instaura  solo  dopo  la  «contestazione»  della
dichiarazione gia' resa); 
        e. in quanto, in mancanza  di  previsioni  circa  l'efficacia
(costitutiva/di  accertamento)  nei  confronti  anche  del   debitore
pignorato, della ordinanza emanata ai sensi dell'art. 549 c.p.c.,  il
terzo  pignorato  sarebbe  esposto  ad  una  situazione  paradossale,
potrebbe trovarsi a dover pagare la somma pignorata al creditore  (in
caso di ritenuta simulazione) e a dovere a  sua  volta  esperire  una
autonoma azione di simulazione (o altra) nei confronti  del  debitore
principale, per ottenere lo  scioglimento  dal  vincolo  contrattuale
costituito dal preliminare di compravendita. 
    H) Le liti da  contestazione  vengono  da  taluno  (in  dottrina)
descritte  come  controversie  che  danno  vita  ad  un  procedimento
cognitivo bifasico, in cui la prima fase (necessaria) si caratterizza
per la sommarieta' della cognizione e si  conclude  con  un'ordinanza
suscettibile di opposizione secondo le forme e nel termine perentorio
prescritto nell'art. 617 c.p.c., mentre la seconda fase  (eventuale),
s'instaura solo a seguito di proposizione dell'opposizione agli  atti
esecutivi avverso l'ordinanza del giudice dell'esecuzione e  consiste
in un ordinario giudizio a cognizione piena, che si conclude con  una
sentenza suscettibile di ricorso straordinario per cassazione ex art.
111, comma 7, Cost. 
    Secondo una diffusa opinione il nuovo art. 549 c.p.c., nonostante
la nuova rubrica parli  soltanto  di  «contestata  dichiarazione  del
terzo», «in realta' contiene anche nuove  modalita'  di  accertamento
del di lui obbligo verso il  debitore  escusso,  allorquando  sorgano
contestazioni sulla sua dichiarazione»  (Monteleone,  in  Riv.  esec.
forz., n. 1/2013). 
    Il giudizio anche se privo di formalismi,  resterebbe  quindi  un
«vero» giudizio cognitivo  in  cui  l'accertamento  dell'obbligo  del
terzo    ha    rilevanza     meramente     processuale,     attinente
all'assoggettabilita'  del   credito   pignorato   all'espropriazione
forzata, efficace nei  rapporti  tra  creditore  procedente  e  terzo
pignorato e, come tale, rilevante solo ai fini  del  procedimento  in
corso, secondo la forma dell'accertamento incidentale  ex  lege,  con
conferma dell'orientamento dottrinale secondo il quale non  sarebbero
ravvisabili gli estremi della litispendenza in caso di pendenza di un
giudizio sul medesimo rapporto tra debitore e terzo e  contrariamente
a quanto ritenuto dalla Cassazione Sez. Un. Civili, 13 ottobre  2008,
n. 25037 secondo la quale il giudizio  di  accertamento  dell'obbligo
del terzo (nella disciplina previgente): «non ha  rilevanza  limitata
alla sola azione esecutiva, ma -  anche  per  motivi  di  economia  e
celerita' processuale richiesti dai principi del giusto processo «ex»
art. 111 Cost. - si conclude con una sentenza dal  duplice  contenuto
di accertamento:  l'uno,  idoneo  ad  acquistare  autorita'  di  cosa
giudicata sostanziale tra le parti del rapporto, avente ad oggetto il
credito del  debitore  esecutato  (che,  pertanto,  e'  litisconsorte
necessario) nei confronti del terzo pignorato; l'altro, di  rilevanza
meramente processuale, attinente  all'assoggettabilita'  del  credito
pignorato all'espropriazione forzata. 
    Parte dei commentatori ha ritenuto che il giudizio  instaurato  a
seguito della «contestazione» della dichiarazione del terzo sia stato
sostanzialmente equiparato, al giudizio di cognizione sommaria di cui
al nuovo art. 702-bis c.p.c. e, in particolare, al V comma  dell'art.
702-ter c.p.c.  per  quanto  riguarda  il  riferimento  ai  necessari
accertamenti, semplificando la struttura dell'istruzione, cfr.  il  V
comma dell'art. 702-ter c.p.c." il giudice, sentite le parti,  omessa
ogni formalita' non essenziale al contraddittorio, procede  nel  modo
che ritiene piu' opportuno  agli  atti  di  istruzione  rilevanti  in
relazione all'oggetto del  provvedimento  richiesto  e  provvede  con
ordinanza all'accoglimento o al rigetto delle domande». 
    Tuttavia  bisogna  osservare  che  il  possibile  richiamo   alla
procedura semplificata di cui all'art. 702-bis  e  ss  c.p.c.  appare
limitato alle disposizioni, molto scarne sulla istruttoria  sommaria,
ma la disciplina dell'art. 702-ter c.p.c., diversamente da quella  di
cui all'art. 549 c.p.c. prevede: 
        innanzitutto un ricorso con i requisiti di cui  all'art.  125
c.p.c. enumerati nell'art. 702-bis c.p.c., tra i  quali  e'  previsto
che debba essere determinato, nel ricorso, l'oggetto della domanda, i
fatti costitutivi e le norme di  diritto  poste  a  fondamento  della
stessa, i mezzi di prova, le conclusioni, 
        inoltre tale procedura e' di applicazione  limitata,  essendo
la stessa applicabile ai  soli  giudizi  per  i  quali  il  tribunale
ritiene applicabile una procedura sommaria, mentre «Se ritiene che le
difese svolte dalle parti richiedono un'istruzione non  sommaria,  il
giudice, con  ordinanza  non  impugnabile,  fissa  l'udienza  di  cui
all'art. 183. In tal caso si applicano le disposizioni del libro II», 
        e ancora, tale procedura ex art. 702-bis c.p.c.  si  conclude
con ordinanza, ma la stessa  e'  espressamente  dichiarata  idonea  a
produrre gli  effetti  del  giudicato  ed  e'  appellabile,  ex  art.
702-quater,  nel  termine  di  giorni trenta  dalla  comunicazione  o
notifica, e  nel  giudizio  di  appello  le  parti  possono  ottenere
l'ammissione di nuovi mezzi di  prova  se  «il  collegio  li  ritiene
indispensabili», quindi tale procedura appare,  almeno  prima  facie,
non in  contrasto  con  l'art.  111  Cost.,  diversamente  da  quella
sommariamente delineata dall'art. 549 c.p.c. nuova formulazione. 
    I) Se si aderisce alla tesi secondo  la  quale  la  ordinanza  di
assegnazione e' titolo esecutivo nei confronti del terzo, ma  non  e'
idonea al passaggio in giudicato, si  potrebbe  anche  ipotizzare  la
possibilita',  per  il  terzo,  una  volta  assoggettato  alla  nuova
procedura esecutiva iniziata nei  suoi  confronti  dal  creditore  in
virtu' della  ordinanza  di  accertamento/assegnazione,  di  esperire
opposizione alla esecuzione ai sensi dell'art. 615 c.p.c. con  azione
di accertamento  negativo,  in  caso  di  inesistenza/estinzione  del
credito per cui vi e' stata  assegnazione;  tuttavia,  anche  in  tal
caso, i diritti del terzo appaiono estremamente compressi  in  quanto
egli si  trova  esposto  alla  formazione  di  un  titolo  esecutivo,
efficace nei  suoi  confronti  anche  se  emesso  nell'ambito  di  un
processo in cui egli non e' parte, e attraverso una procedura che non
tutela affatto, nei suoi confronti, le garanzie difensive. 
    La procedura  sommaria  delineata  dal  legislatore  appare  meno
garantista - nei  confronti  del  terzo  pignorato  -  di  un  comune
procedimento per ingiunzione, dove la formazione del titolo esecutivo
nei confronti del debitore e' soggetta a requisiti formali, a termini
ed a garanzie ben piu' efficaci. 
    Oltretutto sembra che la posizione prevalente della dottrina  sia
orientata nel  senso  di  attribuire  valore  di  cognizione  seppure
sommaria, al giudizio ex art. 549 c.p.c., con conseguente  incertezza
circa il successivo - effettivo e pratico - riconoscimento  al  terzo
della facolta' di esperire, oltre alla opposizione nelle forme e  nei
limiti  di  cui  all'art.  617  c.p.c.,  un  autonomo   giudizio   di
accertamento negativo - se del caso ai sensi dell'art. 615  c.p.c.  -
del suo debito nei confronti  del  debitore  esecutato  e  anche  del
creditore pignorante,  al  fine  di  ottenere  la  sospensione  della
esecuzione fondata sul provvedimento di  assegnazione  o  l'eventuale
rimborso (se del caso dal creditore pignorante) di quanto pagato. 
    L)  In  effetti  la  procedura  di  pignoramento  presso   terzi,
soprattutto nella sua nuova e piu' recente formulazione, appare  come
una procedura piuttosto snella idonea a produrre in via giudiziale un
trasferimento della titolarita' di un credito  vantato  dal  debitore
nei confronti del cd «terzo», ad uno o piu'  creditori.  Dal  momento
che l'ordinanza di assegnazione non compare nell'art. 474 c.p.c., che
definisce il titolo esecutivo, ne' l'art. 552  e  l'art.  553  c.p.c.
definiscono il provvedimento di assegnazione come  titolo  esecutivo,
vi sarebbero elementi testuali per  escludere  la  natura  di  titolo
esecutivo nei confronti del terzo. 
    Argomenti sostanziali per escludere  tale  natura  si  potrebbero
trarre anche dalle  norme  generali  che  regolano  la  cessione  del
credito, infatti il credito non puo' che essere trasferito nei limiti
in cui era posseduto dall'originario creditore (1260 e  ss  c.c.),  e
non si comprende  per  quale  ragione  il  terzo  pignorato  dovrebbe
sostanzialmente  subire  un  aggravamento  della  propria   posizione
debitoria in conseguenza della azione di un creditore al cui  diritto
egli e' perfettamente estraneo ed indifferente, trovandosi esposto  a
dover comunque pagare - in presenza di un titolo esecutivo di cui  il
suo originario creditore non era in possesso - senza che  egli  possa
far valere le ragioni che avrebbe potuto far valere nei confronti del
suo creditore in un giudizio munito delle stesse garanzie  di  quelle
che egli avrebbe avuto se ad  agire  fosse  stato,  appunto,  il  suo
originario creditore. 
    Si potrebbe aderire alla tesi (ormai molto  minoritaria)  che  la
ordinanza di assegnazione non  ha  natura  di  titolo  esecutivo  nei
confronti del terzo e che essa opera il  trasferimento  coattivo  del
credito (una sorta di cessione pro solvendo, disposta «ope  iudicis»,
con gli stessi effetti della cessione volontaria), senza  pregiudizio
di  alcuna  delle  ragioni  del  terzo,  debitor  debitoris,  con  la
conseguenza che il terzo potrebbe far valere ogni sua ragione  ed  in
particolare «tutte le eccezioni relative alla esistenza  e  validita'
del negozio da cui deriva il  credito  ceduto  e  quelle  concernenti
l'esatto adempimento del negozio»,  nei  successivi  giudizi  che  il
creditore dovrebbe  iniziare  nei  suoi  confronti  per  ottenere  il
pagamento in caso di mancato spontaneo adempimento,  non  costituendo
l'ordinanza  di  assegnazione  un   accertamento   della   esistenza,
liquidita' ed esigibilita' del credito ma solo il  trasferimento  del
credito nei limiti in cui esso puo' essere preteso dal cedente. 
    Tuttavia va detto che  la  giurisprudenza  non  sembra  orientata
affatto in tal senso e, quindi, se il G.E. emanasse una ordinanza  di
accertamento/assegnazione, il terzo si troverebbe comunque esposto ad
una  azione  esecutiva  e  ad  una  serie  di  conseguenze   negative
immediate,   con   sviluppi   processuali   allo   stato   non   solo
imprevedibili, ma del tutto incerte con riguardo ai  rimedi  posti  a
presidio dei suoi  diritti,  salvo  la  scarna  previsione  contenuta
nell'art. 549 della sua facolta' di proporre opposizione nelle  forme
e nei termini di cui all'art. 617  c.p.c.  avverso  la  ordinanza  di
assegnazione. 
    M)  Va  detto  che,  nel  caso  di   specie,   viste   anche   le
considerazioni che precedono sulla nuova procedura prevista dall'art.
549 c.p.c. in caso  di  «contestata  dichiarazione  del  terzo»,  non
sembra a questo G.E. che si possa pervenire ad estendere  la  nozione
di  «necessari  accertamenti»  ad  un  vero  e  proprio  giudizio  di
cognizione  con  la  stessa   ampiezza   con   cui   era   consentito
l'accertamento dell'obbligo del  terzo  nell'ambito  della  procedura
(giudizio ordinario) che si svolgeva a seguito della istanza  di  cui
all'art. 548 c.p.c. 
    L'accertamento del credito nel caso che ci occupa, a parere della
scrivente, risulta subordinato all'esperimento, con  esito  positivo,
di azione di simulazione (o eventuale altra azione avente ad  oggetto
la  nullita'/annullabilita'/inefficacia/risoluzione   del   contratto
preliminare di compravendita che costituisce  il  fondamento,  almeno
formale, delle dazioni effettuate dalla  Valentini  S.r.l.  alla  CRV
Immobilare S.r.l., di cui il creditore procedente sostiene - in  capo
alla Valentini S.r.l. - il diritto alla restituzione), azione che non
sembra possa essere ammessa come oggetto del giudizio sommario  posto
all'esame del G.E. attraverso  la  procedura  sommaria  e  i  sommari
accertamenti di cui parla l'odierno  art.  549  c.p.c.,  avuto  anche
riguardo all'oggetto della domanda inizialmente proposta  con  l'atto
di pignoramento (iniziato per ottenere il trasferimento di un  «somme
dovute in forza di contratti per  compravendite  immobiliari  ...  ed
ogni altra somma credito e/o attivita' a  qualsiasi  causa  dovuta  o
debenda»). 
    Qualora fosse da ritenere inammissibile, in quanto estranea  alla
nuova procedura sommaria delineata dall'art. 549 c.p.c.,  la  domanda
di accertamento  della  simulazione,  la  domanda  del  creditore  di
accertamento dell'obbligo del terzo e di conseguente assegnazione del
credito pignorato, dovrebbe essere rigettata. 
    Tuttavia, anche in tal caso, si pone una questione  di  possibile
incostituzionalita' della nuova formulazione dell'art. 549 c.p.c., in
tal caso, in danno del creditore procedente. 
    In effetti, nel regime previgente, una questione  di  tal  genere
sembra potesse essere proposta dal creditore nell'ambito del giudizio
ordinario di accertamento  dell'obbligo  del  terzo  allora  previsto
dall'art. 548 c.p.c. (cfr. per es. Tribunale di Roma 17  maggio  2012
r.g. 7652/2007, in un caso di intestazione fiduciaria). 
    Nel vigore della precedente disciplina, in caso di  dichiarazione
negativa del terzo, il creditore avrebbe potuto dare  inizio  ad  una
procedura ordinaria di accertamento di obbligo del terzo, e  proporre
nell'ambito di tale giudizio, provvisto di tutte  le  garanzie  poste
dall'ordinamento a tutela del contraddittorio delle  parti  ai  sensi
dell'art. 111 Cost., la domanda di accertamento della simulazione del
contratto preliminare di compravendita dissimulante -  a  suo  dire -
una serie di  prestiti  per  i  quali  eventualmente  sussistesse  un
diritto alla restituzione, come affermato  dal  creditore  procedente
nella procedura che ci occupa. 
    Durante  il  corso  di  tale  procedimento,  nel   vigore   della
precedente disciplina degli articoli 548 e 549 c.p.c.,  la  procedura
esecutiva di pignoramento presso terzi sarebbe rimasta sospesa fino a
sentenza definitiva (secondo la  dottrina  prevalente  occorrendo  il
passaggio  in  giudicato  della  sentenza  relativa  all'accertamento
dell'obbligo del terzo). 
    Nell'attuale  procedimento  per  risolvere   le   «contestazioni»
insorte  sulla  dichiarazione,  non  e'   prevista   la   sospensione
necessaria del processo esecutivo fino a passaggio in giudicato della
sentenza (o ordinanza) di accertamento dell'obbligo del terzo. 
    Quindi, se il  G.E.,  all'esito  dei  sommari  accertamenti,  non
ritiene accertato l'obbligo del terzo  e  ritiene  che  le  questioni
poste dalle parti non possano essere risolte in un giudizio sommario,
sembra che  debba,  sic  et  simpliciter,  rigettare  la  istanza  di
assegnazione, non essendo prevista la sospensione della procedura, in
attesa della definizione  del  giudizio  eventualmente  promosso  dal
creditore nei confronti del terzo. 
    Nel caso opposto, in cui il G.E. ritenga che sia stata  raggiunta
la prova dell'esistenza  del  credito  pignorato,  sembra  che  debba
dichiarare  l'esistenza  del  credito  e   contestualmente   disporre
l'assegnazione  dello  stesso,  senza  attendere  il   passaggio   in
giudicato  dell'ordinanza  di  accertamento  (che  tuttavia  potrebbe
essere inidonea al passaggio in giudicato, avendo valore solo endo  -
procedimentale), e neppure il termine di cui all'art. 617 c.p.c.  per
l'eventuale impugnazione. 
    All'esito della sommaria esposizione delle questioni che si  sono
poste in relazione al procedimento in esame, c'e' da chiedersi se  la
«semplificazione acceleratoria» voluta dal legislatore  del  2012  (e
del 2015) sia nel suo complesso conforme al dettato costituzionale  e
non sia piuttosto in contrasto con i principi informatori del «giusto
processo» (art. 111 Cost.), oltre che della uguaglianza dei cittadini
davanti alla legge (art. 2 Cost.)  e  della  ragionevolezza  (art.  3
Cost.). 
    L'applicazione di tale norma (il nuovo testo degli articoli 548 e
549 c.p.c.) e' necessaria  ed  imprescindibile  nel  procedimento  «a
quo», dal momento che il  G.E.  deve  provvedere  sia  sull'eventuale
ammissione dei mezzi di prova richiesti dalle parti, qualora  ritenga
ammissibile la domanda di accertamento della simulazione,  sia  sulla
istanza di accertamento ai sensi  dell'art.  549  c.p.c.  sulla  base
degli  elementi  di  prova  gia'  acquisiti,  sia  sulla  istanza  di
assegnazione/non   assegnazione    del    credito    e    conseguente
definizione/estinzione del giudizio esecutivo. 
    Oltretutto  le  previsioni  in  materia  di  procedimento  civile
contenute nell'art. 1 comma 20 numeri 3 e 4 della 1egge  24  dicembre
2012,  n.  228,  legge  di  stabilita'  2012,  appaiono  estranee  al
contenuto  tipico  della  legge  finanziaria/legge   di   stabilita',
trattandosi di un intervento di carattere  generale  e  ordinamentale
che non ha attinenza diretta col bilancio statale o  con  la  manovra
economica,  ma  attiene  alle  procedure  giudiziarie  ordinarie   di
esecuzione del pignoramento presso  terzi  e  di  accertamento  degli
obblighi  del  terzo,  aventi  rilevanza  soprattutto  nei   rapporti
privatistici, non e' dato comprendere quali siano le  previsioni  che
dovrebbero giustificare tale riforma nell'ambito della programmazione
del quadro macroeconomico del Paese. 
    Ritenuto che il procedimento di accertamento ex art.  549  c.p.c.
ed il procedimento esecutivo vadano sospesi e gli atti  rimessi  alla
Corte costituzionale. 
 
                               Osserva 
 
    Che  sussistono  seri  dubbi  sulla  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1 comma 20 numeri 3 e 4 della legge 24  dicembre  2012,  n.
228, legge di stabilita' 2012, ovvero dell'art. 548 e  dell'art.  549
c.p.c., anche tenendo conto delle modifiche introdotte dall'art.  13,
comma 1,  lettera  m-ter),  decreto-legge  27  giugno  2015,  n.  83,
convertito, con modificazioni dalla legge 6 agosto 2015,  n.  132,  a
decorrere dal 21 agosto 2015  applicabili  ai  giudizi  pendenti;  in
combinato  disposto  con  l'art.  543  c.p.c.  nella  parte  in   cui
stabiliscono le  forme  del  nuovo  procedimento  per  l'accertamento
dell'obbligo del terzo pignorato in caso di «contestazioni» sulla sua
dichiarazione, nell'ambito della procedura esecutiva di  pignoramento
presso terzi. 
    Testo  art.  549.  (Contestata  dichiarazione  del  terzo).  Post
riforma di cui all'art. 1 comma 20 n. 4 legge 24 dicembre 2012 n. 228
«Se   sulla   dichiarazione   sorgono   contestazioni,   il   giudice
dell'esecuzione le risolve, compiuti i  necessari  accertamenti,  con
ordinanza. L'ordinanza produce effetti ai fini  del  procedimento  in
corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione  ed
e' impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617». 
    Testo  art.  549.  (Contestata  dichiarazione  del  terzo).  Come
ulteriormente modificato  dall'art.  13,  comma  1,  lettera  m-ter),
decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83,  convertito,  con  modificazioni
dalla legge 6 agosto 2015, n. 132, a decorrere dal  21  agosto  2015;
«Se sulla dichiarazione sorgono contestazioni o se  a  seguito  della
mancata  dichiarazione  del   terzo   non   e'   possibile   l'esatta
identificazione del credito o dei beni del debitore in  possesso  del
terzo, il giudice dell'esecuzione, su istanza di parte, provvede  con
ordinanza, compiuti i necessari accertamenti nel contraddittorio  tra
le parti e con il terzo. L'ordinanza  produce  effetti  ai  fini  del
procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento  di
assegnazione ed e' impugnabile nelle  forme  e  nei  termini  di  cui
all'art. 617». 
    Testo art. 548 c.p.c. (Mancata  dichiarazione  del  terzo).  Post
riforma di cui all'art. 20 comma 20 n. 3 legge 24  dicembre  2012  n.
228 [Se il pignoramento riguarda i crediti di cui all'art. 545, terzo
e quarto comma, quando il terzo non compare all'udienza stabilita, il
credito pignorato, nei termini indicati dal creditore,  si  considera
non contestato ai fini del procedimento in  corso  e  dell'esecuzione
fondata sul provvedimento di assegnazione, e il  giudice  provvede  a
norma degli articoli 552 o 553]. 
    Quando all'udienza il creditore dichiara di non aver ricevuto  la
dichiarazione,  il   giudice,   con   ordinanza,   fissa   un'udienza
successiva. L'ordinanza e' notificata al terzo  almeno  dieci  giorni
prima della nuova udienza. Se questi non compare alla  nuova  udienza
o, comparendo, rifiuta di fare la dichiarazione, il credito pignorato
o il possesso del bene di  appartenenza  del  debitore,  nei  termini
indicati dal creditore, si  considera  non  contestato  ai  fini  del
procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento  di
assegnazione e il giudice provvede a norma degli articoli 552 o  553.
Il terzo puo' impugnare nelle forme e nei  termini  di  cui  all'art.
617, primo comma, l'ordinanza di assegnazione di crediti  adottata  a
norma del presente articolo, se prova di non averne avuto  tempestiva
conoscenza per irregolarita' della notificazione o per caso  fortuito
o forza maggiore. 
    Testo  art.  548  c.p.c.  ante  riforma.  (Mancata  o  contestata
dichiarazione del terzo). Se  il  terzo  non  comparisce  all'udienza
stabilita o, comparendo, rifiuta  di  fare  la  dichiarazione,  o  se
intorno a questa sorgono contestazioni, il  pretore,  su  istanza  di
parte, provvede all'istruzione della causa a norma del libro secondo,
se essa non eccede i limiti della sua competenza; altrimenti  rimette
le parti davanti al tribunale competente, assegnando loro un  termine
perentorio per la costituzione. Se il terzo non fa  la  dichiarazione
neppure nel corso del giudizio di primo grado, puo' essere  applicata
nei suoi confronti la disposizione dell'art. 232 primo comma» 
    e Testo art. 549 c.p.c. ante riforma. (Accertamento  dell'obbligo
del terzo).  Con  la  sentenza  che  definisce  il  giudizio  di  cui
all'articolo precedente,  il  giudice,  se  accerta  l'esistenza  del
diritto del debitore nei confronti del terzo,  fissa  alle  parti  un
termine perentorio per la prosecuzione del processo esecutivo. 
    La disposizione dell'art. 1 comma 20 numeri 3 e 4 della legge  24
dicembre 2012, n. 228, contenuta nella  legge  di  stabilita',  anche
tenuto  conto  delle  ulteriori  modifiche  parziali  introdotte  con
decreto-legge 83/2015 art. 13 comma 1) lettera  m-ter),  si  pone  in
contrasto con gli articoli 2, 3, 24,  primo  e  secondo  comma,  111,
primo, secondo e sesto comma, 81 della Costituzione. 
    Art. 2. 
    La  Repubblica  riconosce  e  garantisce  i  diritti  inviolabili
dell'uomo, sia come singolo  sia  nelle  formazioni  sociali  ove  si
svolge la sua  personalita',  e  richiede  l'adempimento  dei  doveri
inderogabili di solidarieta' politica, economica e sociale. 
    Art. 3. 
    Tutti i cittadini hanno  pari  dignita'  sociale  e  sono  eguali
davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di  lingua,
di religione,  di  opinioni  politiche,  di  condizioni  personali  e
sociali. 
    E' compito della Repubblica  rimuovere  gli  ostacoli  di  ordine
economico  e  sociale,  che,  limitando  di  fatto  la   liberta'   e
l'eguaglianza dei cittadini,  impediscono  il  pieno  sviluppo  della
persona umana e l'effettiva  partecipazione  di  tutti  i  lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. 
    Art. 24, commi 1 e 2 
    Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri  diritti
e interessi legittimi. 
    La difesa e' diritto  inviolabile  in  ogni  stato  e  grado  del
procedimento. 
    Art. 111 Cost., commi 1, 2, 6, 7 
    La giurisdizione si attua mediante il  giusto  processo  regolato
dalla legge. 
    Ogni processo si svolge nel  contraddittorio  tra  le  parti,  in
condizioni di parita', davanti a giudice terzo e imparziale. La legge
ne assicura la ragionevole durata. 
    Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati. 
    Contro le  sentenze  e  contro  i  provvedimenti  sulla  liberta'
personale,  pronunciati  dagli  organi  giurisdizionali  ordinari   o
speciali, e' sempre ammesso ricorso in Cassazione per  violazione  di
legge. 
    Art. 81. 
    Le  Camere  approvano  ogni  anno  i  bilanci  e  il   rendiconto
consuntivo presentati dal Governo. 
 
                               Motivi 
 
    A) Violazione art. 111 Cost. e art. 24 Cost. 
    Art. 24 Cost. 
    1. Tutti possono agire in  giudizio  per  la  tutela  dei  propri
diritti e interessi legittimi. 2. La difesa e' diritto inviolabile in
ogni stato e grado del procedimento. 
    Art. 111 Cost., comma I 
    «La giurisdizione si attua mediante il giusto  processo  regolato
dalla legge». 
    Il processo deve essere «giusto» e «regolato dalla legge», e deve
essere garantita la «difesa» in ogni stato e grado del procedimento. 
    Nel caso in esame, il processo di accertamento  dell'obbligo  del
terzo (che porta alla emanazione di: «ordinanza» che «produce effetti
ai  fini   ...   dell'esecuzione   fondata   sul   provvedimento   di
assegnazione») appare talmente poco «regolato dalla legge» da  essere
rimesso  alla  elaborazione  giurisprudenziale   nei   suoi   aspetti
fondamentali. 
    Inoltre la difesa (anche quella tecnica) non risulta garantita al
terzo in ogni stato e grado del processo ex art. 549 c.p.c., e non e'
sufficiente  il  generico  richiamo   della   legge   al   necessario
contraddittorio con il debitore  e  con  il  terzo,  in  quanto  tale
espressione rimane generica e  priva  di  riferimenti  al  necessario
contenuto degli atti e a tutte quelle forme processuali attraverso le
quali il contraddittorio si sostanzia, infatti le regole  applicabili
e necessarie a garantire il rispetto del contraddittorio non  possono
essere quelle ritenute volta per volta  dal  singolo  magistrato,  ma
devono essere quelle del «giusto processo» «regolato dalla legge». 
    In altre parole, non si puo' attendere che le regole del processo
e del contraddittorio vengano interamente stabilite  attraverso  anni
di  interpretazioni  giurisprudenziali,  mettendo  a  repentaglio  il
sacrosanto diritto di difesa dei cittadini, le  regole  del  processo
debbono essere precisate dal legislatore. 
    Si tratta di un procedimento che astrattamente sembrerebbe  dover
portare alla emanazione di un provvedimento avente valore  di  titolo
esecutivo nei  confronti  del  terzo  pignorato  (questa  sembrerebbe
essere la  interpretazione  dell'intenzione  del  legislatore  quanto
all'espressione   «L'ordinanza   produce   effetti   ai   fini    ...
dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione», anche  se
il legislatore non ha previsto espressamente che tale  ordinanza  sia
«titolo esecutivo» o abbia «efficacia esecutiva»  nei  confronti  del
terzo e quindi la questione rimane aperta, stante la natura tassativa
dell'elencazione  prevista  dall'art.   474   c.p.c.   e   le   altre
considerazioni gia' svolte in  motivazione),  e  che,  tuttavia,  non
appare regolato dalla legge neppure nelle sue linee fondamentali. 
    Nella precedente disciplina, il procedimento  per  l'accertamento
dell'obbligo del terzo in caso di dichiarazione negativa, si svolgeva
«a norma del libro secondo» del codice di procedura civile. 
    Con la sostituzione dell'art. 548 c.p.c. e dell'art.  549  c.p.c.
si e' previsto invece art. 549 che: «Se sulla  dichiarazione  sorgono
contestazioni, il giudice  dell'esecuzione  le  risolve,  compiuti  i
necessari accertamenti, con ordinanza. L'ordinanza produce effetti ai
fini  del  procedimento  in  corso  e  dell'esecuzione  fondata   sul
provvedimento di assegnazione ed e' impugnabile  nelle  forme  e  nei
termini di cui all'art. 617.». 
    La procedura attraverso la quale il  G.E.  dovrebbe  compiere  «i
necessari  accertamenti»  non  e'  indicata   in   alcun   modo   dal
legislatore, il quale ha abrogato il riferimento alle norme ordinarie
previste dal libro secondo, e non ha indicato a quali  diverse  norme
il G.E. debba attenersi, per cui si da' ampio spazio alla creativita'
dei  singoli  giudici  dell'esecuzione  nello  stabilire  sia   quali
accertamenti possano essere compiuti e quali no, ma anche  le  regole
generali e l'ambito di applicazione della nuova procedura. 
    In effetti, la nuova normativa non chiarisce l'ambito applicativo
della nuova disciplina e si  discute  se  le  «contestazioni»  e  gli
«accertamenti» possano riguardare  questioni  inerenti  la  esistenza
stessa,  la  esigibilita',  la  liquidita'  del   credito   pignorato
(questioni di merito) o se debbano limitarsi a  questioni  di  natura
procedurale e formale, su aspetti di dettaglio, sulla  pignorabilita'
del credito, sulla esistenza di  precedenti  esecuzioni  o  sequestri
etc. 
    E' vero che  la  precedente  formulazione  dell'art.  548  c.p.c.
faceva riferimento sempre a «contestazione» sulla  dichiarazione  del
terzo, ma il contesto in cui  era  inserito  e  le  diverse  garanzie
procedurali apprestate per il terzo (il cui debito  veniva  accertato
nell'ambito di un giudizio ordinario a norma del  libro  secondo  del
c.p.c.) facevano si' che il giudizio di accertamento dell'obbligo del
terzo instaurato a norma dell'art. 548 c.p.c. vecchio testo fosse  un
vero e proprio giudizio ordinario, e potesse essere concepito come da
Cassazione Sez. Un. Civili, 13 ottobre  2008,  n.  25037  secondo  la
quale (nella disciplina previgente): «non ha rilevanza limitata  alla
sola azione esecutiva, ma - anche per motivi di economia e  celerita'
processuale richiesti dai principi del giusto processo «ex» art.  111
Cost. - si  conclude  con  una  sentenza  dal  duplice  contenuto  di
accertamento: l'uno, idoneo ad acquistare autorita' di cosa giudicata
sostanziale tra le parti del rapporto, avente ad oggetto  il  credito
del debitore esecutato (che, pertanto, e'  litisconsorte  necessario)
nei confronti del terzo pignorato; l'altro,  di  rilevanza  meramente
processuale, attinente all'assoggettabilita'  del  credito  pignorato
all'espropriazione forzata. 
    Attualmente   il   legislatore   sembra   avere   preferito   una
interpretazione opposta a quella della Cassazione, ed avere istituito
un     giudizio     sommario     avente     efficacia      unicamente
«endoprocedimentale», cio'  fa  ritenere,  ad  alcuni,  che  in  tale
processo non possano  trovare  ingresso  le  questioni  attinenti  il
merito del credito pignorato ma solo le questioni di pura forma. 
    Si ricorda che la questione e' antica e risale gia' al codice  di
procedura civile del 1865 nel  vigore  del  quale,  le  contestazioni
sulla dichiarazione del terzo venivano distinte a seconda che fossero
di pura  forma  e,  in  quanto  tali,  decise  dallo  stesso  giudice
dell'esecuzione (art. 614) ovvero di merito e, in tal caso,  «rimesse
- su istanza della parte interessata - alla decisione  dell'autorita'
giudiziaria che sarebbe stata competente,  se  il  dichiarante  fosse
stato  citato  direttamente  dal   proprio   creditore»   (art.   616
dell'abrogato codice del  1865  secondo  il  quale  si  procedeva  al
giudizio di cognizione solo caso di «controversie intorno alla  fatta
dichiarazione, che non siano di pura forma»). 
    Nel codice del 1940 (regio decreto 28 ottobre 1940, n. 1443 nella
Gazzetta Ufficiale 28 ottobre 1940) si era privilegiata la  soluzione
secondo la quale tutte le questioni,  sia  di  forma  che  di  merito
venivano decise nelle forme del giudizio ordinario. 
    In effetti, per quanto attiene alla disciplina  dell'accertamento
dell'obbligo del terzo, sembra che l'ordinamento nel 1865 fosse  piu'
garantista ed attento di quanto non lo sia diventato all'esito  della
riforma del 2012. 
    I. Si potrebbe ritenere che il  nuovo  giudizio  debba  svolgersi
nelle forme del processo esecutivo e che lo  stesso  abbia  efficacia
solo  nell'ambito  esecutivo;  come   sembra   voler   affermare   il
legislatore, ma in tal caso non si potrebbe, a meno di una violazione
evidente del diritto di difesa, e del principio del giusto processo e
del contraddittorio, estendere l'oggetto del giudizio alle «questioni
di  merito»  fatte  valere  dal  terzo  pignorato,  o  dal  creditore
pignorante: come nel caso di specie,  in  cui,  in  presenza  di  una
dichiarazione negativa del terzo, il creditore pignorante  afferma  e
chiede di accertare la «simulazione»  del  contratto  preliminare  di
compravendita e la diversa natura del rapporto tra il terzo pignorato
ed il debitore esecutato. 
    In altre parole, secondo tale  prima  impostazione,  la  sommaria
cognizione davanti al G.E.  non  potrebbe  riguardare  altro  che  le
questioni di natura formale e quelle inerenti l'interpretazione della
dichiarazione  del  terzo,  ma  non  potrebbe  avere  ad  oggetto  le
questioni di merito. 
    Tali  questioni  non  potrebbero  che   restare   estranee   alla
cognizione del G.E., e, non  potrebbero  essere  decise  dal  giudice
dell'esecuzione,  il  quale,  in  caso  di  dichiarazione   negativa,
dovrebbe limitarsi a dichiarare l'inammissibilita'  di  questioni  di
merito,  ai  sensi  dell'art.   549   c.p.c.   e,   di   conseguenza,
l'improcedibilita'/estinzione  della  procedura  esecutiva.  Seguendo
tale ricostruzione interpretativa il legislatore  avrebbe  scelto  di
semplificare la materia, rendendo inammissibili le cause  di  vero  e
proprio accertamento dell'obbligo del terzo, e limitando le questioni
proponibili  dalle  parti  (contestazioni)  all'ambito   delle   sole
questioni formali e di interpretazione della dichiarazione del terzo. 
    Cio'  comporterebbe  la  lesione  dei   diritti   del   creditore
procedente, in quanto non solo la sospensione del processo  esecutivo
fino al termine dell'azione di accertamento, non  e'  piu'  prevista,
ma, in pratica, non sarebbe piu' concesso di  instaurare  un  vero  e
proprio giudizio di accertamento, ma potrebbero trovare ingresso  nel
sommario giudizio esecutivo unicamente questioni di pura forma  e  di
mera interpretazione della dichiarazione del terzo. 
    II) Si potrebbe ritenere, come alcuni  hanno  suggerito,  che  il
giudizio sia un giudizio di cognizione e debba svolgersi  secondo  le
norme di cui agli articoli 702 e ss c.p.c. (inserito nel libro IV del
c.p.c.),   ma   anche   tale   interpretazione,   sarebbe   piuttosto
discutibile, avendo il legislatore abrogato il riferimento alle norme
di cui al processo ordinario (libro II del c.p.c.) ed avendo egli tra
l'altro previsto un unico mezzo di impugnazione, da  esperirsi  nelle
forme e nei termini di cui all'art. 617 c.p.c., mezzo ben diverso  da
quello previsto dall'art. 702-quater c.p.c. 
    III) Si potrebbe aderire anche alla teoria secondo  la  quale  il
procedimento si svolgerebbe in una sorta di  procedura  camerale,  ma
che, a seguito della proposta opposizione nelle forme e  nei  termini
di cui all'art. 617  c.p.c.,  si  instaurerebbe  un  vero  e  proprio
giudizio di cognizione avente ad oggetto ogni possibile questione, di
forma e di  merito,  come  accadeva  per  il  giudizio  ordinario  di
cognizione ai sensi del vecchio art. 548 c.p.c. 
    In ogni caso il processo di accertamento dell'obbligo del  terzo,
in  caso  di  dichiarazione  «contestata»  attualmente,  risulta  non
adeguatamente «regolato dalla legge» (come prevede l'art. 111  Cost.)
e   quasi   interamente   rimesso    alla    interpretazione    della
giurisprudenza, con conseguente compromissione dei diritti di  difesa
dei singoli, i quali  non  sono  posti  in  condizione  di  conoscere
preventivamente,  in  modo  sufficientemente  certo,   la   normativa
applicabile al processo che li riguarda. 
    B) Art. 111 Cost., comma II 
    «Ogni processo si svolge nel contraddittorio  tra  le  parti,  in
condizioni di parita' ...  »  come  si  e'  gia'  detto  nella  parte
espositiva,  il  procedimento  «sommario»  delineato  dall'art.   549
c.p.c., nella sua nuova formulazione: 
        1) non chiarisce con quali modalita' ed in  quali  termini  e
forme il terzo pignorato diventa parte del processo (se lo diventa); 
        2) l'art. 543 c.p.c.  non  prevede  che  il  creditore  debba
indicare nel pignoramento/citazione: (come  invece  previsto  per  il
giudizio ordinario  dall'art.  163  c.p.c.  n.  3,  4,  5  e  7)  «la
determinazione della cosa oggetto della domanda», «l'esposizione  dei
fatti e degli  elementi  di  diritto  costituenti  le  ragioni  della
domanda, con le relative conclusioni»; «l'indicazione  specifica  dei
mezzi di prova dei quali l'attore intende valersi  e  in  particolare
dei  documenti  che  offre  in  comunicazione»;  requisiti   la   cui
essenzialita' anche in relazione  a  quanto  previsto  dall'art.  111
Cost. e' prevista - a pena  di  nullita'  dell'atto  di  citazione  -
dall'art. 164 c.p.c.; 
        3)  la  procedura  cosi'  sommariamente  delineata  dall'art.
549/art.  543   c.p.c.   non   prevede   che   il   creditore   debba
necessariamente  indicare  nell'atto  di  pignoramento  presso  terzi
(contenente la citazione del terzo a comparire alla udienza ai  sensi
dell'art. 543  c.p.c.  n.  4),  in  modo  specifico  e  non  generico
l'oggetto e il titolo della  domanda  nei  confronti  del  terzo  (e'
previsto  infatti  dall'art.  543  comma  2  c.p.c.  n.  2   che   il
pignoramento  presso  terzi  debba  contenere  «l'indicazione  almeno
generica, delle cose o delle somme dovute e la intimazione  al  terzo
di non disporne senza ordine del giudice», e non e' previsto  che  il
creditore debba specificare a quale titolo tali somme  o  cose  siano
dovute), 
        4) prevede per il terzo un termine a  comparire  estremamente
ridotto (dieci giorni) e non sufficiente a precisare le sue difese in
vista di un contenzioso, in caso di dichiarazione in tutto o in parte
negativa; 
        5) non prevede - nella fase iniziale introdotta con l'atto di
pignoramento - che il  terzo  sia  necessariamente  assistito  da  un
difensore, ne' che egli possa e debba formalizzare le proprie  difese
e conclusioni in una comparsa, con la necessaria assistenza  tecnica,
tanto che, parte della dottrina, sottolineando come non sia possibile
proporre una semplice istanza nei confronti di un soggetto che non e'
parte  processuale,  ritiene  altresi'  necessaria  la  citazione  in
giudizio del terzo pignorato e, dunque, il differimento  dell'udienza
con termine per la chiamata (in tal modo ritenendo di evitare che  il
sistema presenti profili di incostituzionalita' per violazione  degli
articoli 24, comma 2, e 111, comma 2, Cost.); 
        6) non prevede che le parti possano e debbano precisare entro
determinate scadenze e in determinate forme, le reciproche domande  e
conclusioni anche istruttorie (183 VI co c.p.c.), 
        7) non prevede quali poteri istruttori abbia il giudice della
esecuzione nel compiere  i  «necessari  accertamenti»  finalizzati  a
risolvere le «contestazioni»; 
        8) non prevede la possibilita' di una normale impugnazione di
merito ma solo che  la  ordinanza  conclusiva  del  procedimento  sia
impugnabile  nelle  forme  e  termini  delle  opposizioni  agli  atti
esecutivi di cui all'art. 617  c.p.c.  Senza  specificare  l'ampiezza
dell'oggetto della impugnazione e  se  il  riferimento  all'art.  617
c.p.c. valga a delimitare anche l'ambito  delle  possibili  questioni
oggetto  della  opposizione   ovvero   se   essa   possa   estendersi
all'accertamento delle questioni di merito; 
        9) non chiarisce se la ordinanza conclusiva del procedimento,
in caso di ritenuto accertamento del credito e quindi di assegnazione
dello stesso, abbia o meno natura di titolo esecutivo  nei  confronti
del terzo (questione gia' controversa in dottrina e giurisprudenza  e
che il legislatore non ha chiarito, in quanto la formula «L'ordinanza
produce effetti ai fini del procedimento in corso  e  dell'esecuzione
fondata sul provvedimento di assegnazione» resta piuttosto  ambigua),
e comunque non e' dato comprendere come - in un giudizio  in  cui  il
terzo non e' parte, si possa pervenire alla emanazione di  un  titolo
esecutivo efficace nei suoi confronti; 
        10)  non  chiarisce  se  l'ordinanza  abbia   efficacia   di'
accertamento di merito anche nei confronti del debitore. 
    La mancanza delle normali  garanzie  del  contraddittorio  -  non
risolta  dal  generico  riferimento   dell'art.   549   c.p.c.   alla
instaurazione del contraddittorio tra le parti,  completamente  priva
di riferimenti alle modalita' con cui il contraddittorio debba essere
garantito, e quindi il  mancato  rispetto  della  norma  fondamentale
riferita al giusto processo regolato dalla legge -  appare  piuttosto
evidente per quanto riguarda il terzo pignorato. 
    Non va pero' trascurato di considerare, anche, che la  incertezza
sulle regole di questo nuovo procedimento, riguarda  anche  le  altre
parti ed in particolare il creditore procedente. 
    In un caso come quello in esame, infatti, non  e'  chiaro  se  il
creditore possa proporre, nell'ambito del procedimento  ex  art.  549
c.p.c., la domanda di accertamento della  simulazione  del  contratto
preliminare e la esistenza del negozio dissimulato (il prestito  o  i
prestiti,  come  affermato  dal  creditore),   anzi,   tale   domanda
sembrerebbe  non  consentita  dall'attuale  sistema,  in  quanto   la
procedura sommaria delineata dal nuovo art. 549 c.p.c., efficace solo
nell'ambito del procedimento di esecuzione in corso, sembra  limitata
alla decisione sulle questioni di  natura  puramente  formale  e  non
estesa alle decisioni di merito. 
    Inoltre, se il G.E. dovesse ritenere  non  accertato  il  credito
nell'ambito della procedura sommaria prevista dall'art.  549  c.p.c.,
la legge non prevede che il processo  esecutivo  sia  automaticamente
sospeso in attesa di una  decisione  avente  efficacia  di  giudicato
sulle questioni sollevate. 
    Nel  corso  delle  fasi  dell'eventuale  giudizio  di  cognizione
instaurato con impugnazione della ordinanza conclusiva della sommaria
procedura di cui all'art. 549 c.p.c. (comunque  tale  giudizio  debba
svolgersi), non  e'  piu'  prevista  la  necessaria  sospensione  del
processo esecutivo, con la conseguenza che, in caso di diniego  della
ordinanza  di  assegnazione,  il   processo   di   esecuzione   debba
(probabilmente ) estinguersi (vi e' incertezza anche su questo). 
    C) Art. 111, commi 6 e 7. 
    6. Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati. 
    7. Contro le sentenze e contro  i  provvedimenti  sulla  liberta'
personale,  pronunciati  dagli  organi  giurisdizionali  ordinari   o
speciali, e' sempre ammesso ricorso in Cassazione per  violazione  di
legge. 
    Il  provvedimento  di  cui  all'art.  549  c.p.c.   non   sarebbe
adeguatamente motivato,  stante  l'obiettiva  incertezza  del  quadro
normativo in cui e' inserito. 
    Il procedimento sommario di cui all'art. 549 c.p.c.  si  conclude
con «ordinanza» e non e'  stato  chiarito  dal  legislatore  se  tale
ordinanza abbia o meno natura di sentenza e se possa essere impugnata
per Cassazione, con conseguente possibile compromissione dei  diritti
sia del terzo che del creditore, a  causa  dell'incertezza  circa  la
normativa applicabile al processo. 
    D) Violazione articoli 2 e 3 Cost. 
    Gli articoli 2 e 3 risultano  violati  in  relazione  al  mancato
rispetto dei diritti inviolabili dell'uomo e del  cittadino  riferita
ai principi del giusto processo individuati dall'art.  111  Cost.  In
effetti la nuova  procedura  introdotta  dalla  legge  di  stabilita'
(Finanziaria 2013) viola  l'art.  2  della  Carta  costituzionale  in
quanto, violando il diritto alla difesa di cui all'art. 24  Cost.,  e
al  «giusto  processo»  di  cui  all'art.  111  Cost.,  lede  diritti
fondamentali della persona. 
    La violazione dell'art. 3 della Carta costituzionale -  principio
di uguaglianza e di ragionevolezza - risulta  dalla  circostanza  che
situazioni  uguali  vengono   disciplinate   in   modo   diverso   in
considerazione di interessi estranei alle situazioni  disciplinate  e
non altrettanto meritevoli di tutela. 
    Si prenda ad esempio la situazione ordinaria di un creditore  che
agisca in giudizio nei confronti del proprio debitore per ottenere il
soddisfacimento  del  suo  credito,  ebbene  tale  creditore   dovra'
pervenire al conseguimento di una sentenza, o provvedimento ordinario
(ad es.,  di  regola,  un  decreto  ingiuntivo)  costituente  «titolo
esecutivo» nei modi del processo ordinario. 
    Quindi  il  primo  debitore  risulta  tutelato  da  un   processo
ordinario/normale. 
    Nel  caso  in  cui  invece,  ad  agire  fosse  il  creditore  del
creditore,  munito  di  titolo  giudiziale  nei  confronti  del   suo
debitore, il  creditore  del  creditore  potra'  ottenere  un  titolo
giudiziale (esecutivo, secondo quanto ritenuto  dalla  giurisprudenza
sinora prevalente)  nei  confronti  del  debitore  del  suo  debitore
(debitor debitoris - terzo pignorato), senza che questi abbia diritto
alle garanzie di un processo  ordinario,  ma  tramite  una  procedura
talmente sommaria ed indeterminata da essere del  tutto  priva  delle
garanzie fondamentali previste dalla legge. 
    Quindi  il  terzo  pignorato  (debitor  debitoris)  non   risulta
tutelato da un  processo  ordinario/normale  (conforme  all'art.  111
Cost.)   ma   esposto   alle   conseguenze    di'    una    procedura
super-accelerata,   priva   delle   garanzie   del   contraddittorio,
indefinita quanto ai limiti dei  poteri  del  Giudice,  ai  mezzi  di
impugnazione, alla efficacia del provvedimento che la definisce. 
    Il terzo pignorato e' un  debitore  qualunque,  ma  risulta  meno
tutelato di altri, solo in considerazione del fatto che il  creditore
che agisce nei suoi confronti (pur non  essendo  creditore  nei  suoi
confronti) abbia gia' ottenuto in precedenza un titolo esecutivo  nei
confronti di un diverso soggetto, al quale il terzo pignorato  e',  o
potrebbe essere, collegato da un rapporto  obbligatorio,  ancora  non
oggetto di accertamento giudiziale (definitivo ed esecutivo nei  suoi
confronti). 
    Ne risulta con evidenza che due debitori, in situazioni identiche
con  riferimento  al   loro   debito   (ancora   non   accertato   in
giudizio/privo di titolo esecutivo), possono trovarsi  in  situazioni
di tutela giudiziale molto differenziata solo in  considerazione  del
fatto che uno dei loro creditori sia a sua volta debitore di un altro
soggetto, il quale possa agire e  agisca  esecutivamente  (in  quanto
munito di titolo  esecutivo  nei  confronti  del  suo  debitore)  con
pignoramento presso il terzo. 
    In ipotesi identiche le modalita' di accertamento del  credito  e
di  formazione  giudiziale  di'   un   titolo   esecutivo   risultano
eccessivamente  differenziate  e  solo  in   considerazione   di   un
ingiustificato e generalizzato favore per i creditori gia' muniti  di
titolo esecutivo (essendo rimaste tali le procedure ordinarie/normali
di accertamento dei crediti), i quali possono ottenere  un  ulteriore
titolo  esecutivo  nei  confronti  di  un   soggetto   estraneo   (il
terzo/debitor  debitoris),  con  una  procedura  che  definire   poco
garantista sembra quasi un eufemismo. 
    A tale principio di uguaglianza e  ragionevolezza  sembra  invece
ispirato il codice di procedura civile del 1865 nel vigore del quale,
le contestazioni sulla  dichiarazione  del  terzo  venivano  distinte
esplicitamente, a seconda che fossero di  pura  forma  e,  in  quanto
tali, decise dallo stesso giudice dell'esecuzione (art.  614)  ovvero
di merito («controversie intorno alla fatta  dichiarazione,  che  non
siano di pura forma») e, in tal caso, «rimesse  -  su  istanza  della
parte interessata - alla  decisione  dell'autorita'  giudiziaria  che
sarebbe stata  competente,  se  il  dichiarante  fosse  stato  citato
direttamente dal proprio creditore». 
    In effetti non e' dato comprendere con quale ragionevolezza e per
quale motivo il terzo  pignorato,  nella  attuale  disciplina,  debba
subire una serie di conseguenze  negative  (compromissione  dei  suoi
diritti di difesa, formazione anticipata  del  titolo  esecutivo  nei
suoi confronti,  inopponibilita'  di  questioni  che  avrebbe  potuto
proporre nei confronti del suo creditore) in  virtu'  di  circostanze
del tutto estranee al suo rapporto col suo creditore, e al  di  fuori
dei limiti previsti dalle norme generali del codice  civile  relative
alla cessione del credito (in base alle quali il credito non puo' che
essere trasferito nei limiti in  cui  era  posseduto  dall'originario
creditore articoli 1260 e ss c.c.). 
    E) Art. 81 Cost. 
    Da ultimo si osserva che gli articoli  in  questione  sono  stati
inseriti nella cd legge di stabilita', senza che ricorrano  apparenti
presupposti, infatti non si tratta di norme che incidono sul bilancio
dello Stato  e  sulla  programmazione  economica,  ma  di  norme  che
attengono strettamente alla regolamentazione dei diritti  processuali
delle parti coinvolte nei processi esecutivi presso terzi. 
Conclusioni. 
    In definitiva si ritiene che la disposizione dell'art. 1 comma 20
numeri 3 e 4 della legge 24 dicembre 2012, n.  228,  contenuta  nella
legge  di  stabilita',  anche  nella  formulazione  successiva   alle
modifiche  introdotte  dall'art.  13,  comma   1,   lettera   m-ter),
decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, come introdotto  dalla  legge  6
agosto 2015, n. 132, di conversione a decorrere dal 21  agosto  2015,
possa risultare in contrasto con  gli articoli  2,  3,  24,  primo  e
secondo  comma,  111,  primo,  secondo  e  sesto  comma,   81   della
Costituzione, in quanto: 
        abroga il  procedimento  per  accertamento  dell'obbligo  del
terzo (che si svolgeva nelle  forme  ordinarie,  a  norma  del  libro
secondo  del  c.p.c.)  e  la  sospensione  necessaria  del   processo
esecutivo, e sostituisce il procedimento di accertamento dell'obbligo
del terzo con una procedura non sufficientemente regolata dalla legge
(art. 111 Cost. «il giusto processo regolato dalla legge») e rimessa,
quasi completamente, alla interpretazione dell'autorita' giudiziaria; 
        tale procedura,  nelle  poche  scarne  norme  esistenti,  non
prevede le  adeguate  garanzie  difensive  insite  nella  nozione  di
«contraddittorio» nei confronti del terzo pignorato (il  quale  e'  -
appunto - «terzo» nel processo esecutivo), in  contrasto  con  l'art.
111 Cost. «Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le  parti,
in  condizioni  di  parita'»  e  l'art.   24   Cost.,   che   prevede
l'inviolabilita' del diritto di difesa;  -  tale  procedura,  qualora
fosse  ritenuta  sufficientemente  delineata  dal   legislatore,   si
porrebbe in contrasto con l'art. 3 Cost., principio di uguaglianza  e
di ragionevolezza, in quanto: 
          da un lato finisce col creare  un  diverso  trattamento  di
fattispecie uguali relativamente alle modalita' di  accertamento  del
credito  e  di  formazione  giudiziale   di   un   titolo   esecutivo
(differenziate  solo  in  considerazione  di  un   ingiustificato   e
generalizzato favore per i creditori gia' muniti di titolo esecutivo,
i quali possono ottenere un ulteriore titolo esecutivo nei  confronti
di  un  soggetto  estraneo,  il  terzo/debitor  debitoris,  con   una
procedura estremamente accelerata e molto poco garantista), ovvero, 
          dall'altro,  qualora  si  dovesse  ritenere  che  la  nuova
procedura debba applicarsi solo alle questioni di natura «formale»  e
non al merito, relativamente all'accertamento del  debito  del  terzo
pignorato, creerebbe un ingiustificato danno per lo stesso creditore,
il quale non avrebbe piu' alcuno strumento per promuovere un giudizio
di merito, incidentale  alla  procedura  esecutiva,  di  accertamento
dell'obbligo del terzo, non essendo  (oltretutto)  piu'  prevista  la
sospensione necessaria del processo esecutivo; 
        tale procedura e' stata introdotta con una legge di  bilancio
e programmazione economica, apparentemente estranea al tema trattato. 
    La  questione  e'  rilevante  ai  fini  della   decisione   sulla
ammissione dei mezzi di prova richiesti dalle parti e sulla decisione
delle questioni poste dalle parti nell'ambito  del  procedimento,  ex
articoli 543/548/549 c.p.c.,  nuova  formulazione  che  non  appaiono
suscettibili di una interpretazione conforme a Costituzione,  nonche'
in ordine alla emissione della ordinanza di  assegnazione  ovvero  di
estinzione della procedura per esito negativo/dichiarazione negativa,
nonche'   per   l'eventuale   sospensione/non   sospensione,    della
esecuzione, nel corso del giudizio di accertamento  dell'obbligo  del
terzo.